"Non so che viso avesse, neppure come si chiamava, con che voce
parlasse, con quale voce poi cantava."...E' questo l'intro di una delle
canzoni più coinvolgenti di Francesco Guccini, La locomotiva. Questa canzone,
il suo titolo, sono l'analogia più appropriata, la figura retorica più
esplicita da assimilare ad una figura in movimento. Quando ascolto questo
pezzo, che in realtà riferisce di un fatto realmente accaduto, un gesto
anarchico, divenuto successivamente simbolo della lotta di classe, mi sento
come fossi su quelle rotaie.
"E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano che l'uomo
dominava con il pensiero e con la mano: ruggendo si lasciava indietro
distanze che sembravano infinite, sembrava avesse dentro un potere
tremendo, la stessa forza della dinamite".
Questa la terza strofa; racconto incisivo della potenza che quel
"mostro" di lamiere e ferro che spianato a tutta velocità su
solchi d'acciaio riesce a sviluppare. Immagino la forza motrice di un Runner, la mia nella fattispecie, un
motore che necessita di una mente da cui farsi guidare, il "ruggito",
un potente anelito di libertà che avanza sopra i continenti, un cuore che
irrora fili e vene di un circuito perfetto pronto ad esplodere in corsa.
"E sul binario stava la locomotiva, la macchina pulsante
sembrava fosse cosa viva, sembrava un giovane puledro che appena liberato
il freno mordesse la rotaia con muscoli d' acciaio, con forza cieca di baleno ".
In questo passaggio il mio grandangolo si focalizza sulla sublimazione e
sul paradigma di quella locomotiva salda, immobile, senza un' anima apparente,
col gesto consueto di un " giovane puledro" allineato sulla griglia
di partenza, l'identica illusoria staticità, lo stesso sottile scalpitare, l'
etereo sbuffo di energia in attesa di un segnale per " liberare il freno e
mordere la rotaia con muscoli d'acciaio ".
"Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva e sibila il vapore
e sembra quasi cosa viva..".
È come un incedere senza soluzione di continuità, rapido, incalzante, un rataplan di passi che avanzano
incessanti, famelici rulli compressori che divorano la pianura al "sibilo
di vapore" sospiri affannosi si accavallano, pistoni placati carne generano
un moto rettilineo, il focolare divampa come fosse muscolo pulsante e intanto
corro, corro lontano....sempre più forte, verso una piacevole sorte.
Io sono cresciuto a pane e Guccini, quella voce quasi baritonale e quel
rotacismo aristocratico di un menestrello di Pavana sono stati e sono tuttora
suoni e sapori che hanno un potere paragonabile alle endorfine rilasciate dalla
corsa. Penna arguta, per me provinciale, intimo Borges dell'Appennino, melodie
incantevoli sulle quali filare leggero, pietra filosofale del mio eterno
vagare. Ognuno ha un suo mare nel cuore, un suo piacere familiare, poco importa
che quel mare sia verde o blu e quel piacere carta, suono o colore, la cosa
importante è che trasmetta passione, che si stagli nel cielo come stella cometa
da poter inseguire....son tutto questo le sue canzoni, son tutto questo le mie
emozioni che scarico a terra con vigore e vivace piacere.
Ipse dixit:
Bolognesi! Ricordatevi: Sting è
molto bravo, però tenetevi il vostro Guccini. Uno che è riuscito a scrivere 13 strofe su una
locomotiva, può scrivere davvero di tutto.
( Giorgio Gaber )
Luca Bordenga
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